“La persecuzione del bambino” 2

Secondo le statistiche, il sessanta % dei terroristi tedeschi degli anni ’80 proveniva da famiglie di pastori protestanti.

A. Miller scrive:” Il lato tragico della situazione sta nel fatto che quei genitori hanno nutrito senza dubbio le migliori intenzioni verso i loro figli. Sin dal principio essi volevano che quei bambini diventassero buoni, comprensivi, bravi, affettuosi, modesti, che pensassero agli altri, non fossero egoisti ma controllati e riconoscenti, non fossero ostinati, testardi o dispettosi e soprattutto diventassero molto pii. Con ogni mezzo vollero inculcare quei valori nei loro figli e quando non ci riuscirono in altro modo, dovettero ricorrere anche alla violenza per raggiungere quei buoni obiettivi educativi. Se poi quei bambini, una volta diventati adulti, compirono atti di violenza, non fecero altro che dare espressione al tempo stesso al lato non vissuto della loro infanzia e a quello nascosto, non vissuto e represso dei loro genitori, noto soltanto al loro figlio.”

Sostanzialmente è una catena, sono comportamenti a cascata che tenderanno a ripetersi finché non si spezza questa catena, finché non portiamo alla luce ciò e gli diamo possibilità di espressione, di elaborazione.

Il meccanismo  o, meglio, i meccanismi  che vengono coinvolti sono quelli della scissione e della proiezione.

Si scindono le parti di noi che non ci piacciono o che ci hanno inculcato che sono da correggere se non da eliminare e le proiettiamo su altri, su altri individui.

Scrive ancora A. Miller: “L’educazione a una durezza insensata costringe a soffocare “senza pietà”  nel Sé ogni forma di debolezza (inclusi emotività, lacrime, compassione, capacità di immedesimarsi in se stessi e negli altri, sentimenti di impotenza, di paura e disperazione).

Per facilitare tale lotta da condursi nel proprio intimo contro questi impulsi umani, ai cittadini del Terzo Reich venne offerto un oggetto da considerare carico di tutte le qualità aborrite (perché proibite nell’infanzia e dunque pericolose): il popolo ebraico. Un cosiddetto “ariano” poteva sentirsi puro, gagliardo, duro, limpido, buono, privo di ambivalenze e moralmente a posto, libero dagli impulsi emotivi “cattivi” perché deboli e incontrollati, a patto che tutte le intime paure che lo tormentavano sin dai tempi dell’infanzia dovessero e potessero essere ascritte agli ebrei e in loro tornassero inesorabilmente ad essere sempre da capo combattute in modo collettivo. “

Lo trovo attuale, ancora attuale sia pensando alle relazioni personali che, in macro, ai massimi sistemi, al terrorismo internazionale, alle guerre di religione o al convivere con altre etnie, altre culture, altre religioni.

“Perciò non ci si deve meravigliare che esistano guerre religiose, sebbene questo dovrebbe essere una contraddizione in termini.

Il vero perdono non passa sopra all’ira, ma passa “attraverso” di essa.

Solo quando sono in grado di indignarmi per un’ingiustizia che mi è stata fatta, quando riconosco la persecuzione in quanto tale e riesco a riconoscere e a odiare il mio persecutore, solo allora mi si apre la via al perdono.