"La persecuzione del bambino" 1

Alice Miller, psicoanalista, ha scritto diversi libri sulla violenza infantile, violenza sia fisica che psicologica perpetrata nei confronti dei bambini,

Ho letto un suo testo scritto nel 1987, ben 30 anni fa, e, seppur datato, rispetto ad una realtà attuale, ho ritrovato spunti interessanti ed utili alla comprensione di certi avvenimenti politico-sociali-presunto religiosi.

Il libro in questione è ”La persecuzione del bambino. Le radici della violenza” edito da Boringhieri e comincia così:

“Chiunque sia stato genitore e non viva in uno stato di perfetto autoinganno sa per esperienza come possa riuscire difficile tollerare certi aspetti del carattere del proprio figlio. Accorgersi di questo è particolarmente doloroso, se vogliamo bene al bambino, desideriamo realmente rispettarne l’individualità e tuttavia non ci riusciamo.

 Magnanimità e tolleranza non si possono raggiungere con l’aiuto di conoscenze intellettuali. Se non abbiamo avuto la possibilità di vivere e rielaborare in modo cosciente il disprezzo di cui siamo stati vittime nella nostra infanzia, continueremo a riprodurlo e a trasmetterlo ai nostri figli.

La conoscenza puramente intellettuale delle leggi dello sviluppo infantile non ci impedisce di provare irritazione o rabbia se il comportamento di nostro figlio non corrisponde alle nostre idee, se non è in sintonia con i nostri bisogni, o se, peggio ancora, minaccia i nostri meccanismi di difesa.”

La tematica è spinosa, dolorosa e l’autrice ci pone subito, senza aspettare oltre,  di fronte ad una presa di coscienza importante.

Ci dice che la violenza di oggi è la manifestazione di emozioni infantili represse.

La persona violenta è quella che da bambino non è riuscita ad esplicitare, ad esprimere i propri sentimenti, non è riuscita ad avere esperienza dell’ira, della collera.

“Gli individui cui è stato possibile e consentito sin dal principio della loro infanzia di reagire in maniera adeguata, ossia con ira, ai dolori, alle offese e ai rifiuti loro inflitti in modo consapevole o inconsapevole manterranno tale capacità di presentare reazioni adeguate anche in età più adulta.

Da adulti essi riusciranno a rendersi conto che qualcuno ha fatto loro del male e a esprimere tale fatto con le parole, ma difficilmente avvertiranno il bisogno di saltare alla gola del loro interlocutore. Tale bisogno è avvertito soltanto da chi ha sempre dovuto stare all’erta per non far saltare le proprie dighe. (…)

 Chiunque riesca a comprendere e a integrare la propria collera come parte di sé, non sarà mai un violento.

Avverte il bisogno di colpire gli altri soltanto chi non riesca a comprendere la propria rabbia, dato che non gli è stato consentito, quand’era bambino, di acquisire familiarità con tale sentimento che egli non ha mai potuto vivere come una parte di sé, visto che nell’ambiente che lo circondava ciò era assolutamente impensabile.”