Essere genitori perfetti è un mito.

 Titolo rassicurante per ogni genitore che si ponga domande su come si sta comportando coi propri figli, confrontandosi al proprio interno sull’educazione ricevuta e su come e quanto la società sia cambiata.

La domanda è legittima, come fare al meglio il proprio ruolo di genitore? Come essere “sufficientemente buoni” come direbbe Winnicott?

Sono in costante aumento i libri, gli articoli su internet, i corsi sul “parenting” e su come tenere corsi sul parenting.

 Cosa significa “parenting”?

 Significa semplicemente “fare i genitori”. Per comprendere il peso specifico di questo dominio basta guardare la mole di contenuti dedicati in rete alle strategie vincenti per crescere i figli

Come negli altri settori della vita – la carriera, ad esempio – anche nella sfera personale della genitorialità, cresce la pressione della performance.

L’utilizzo di termini inglesi ci fa sentire, forse, più moderni ed in linea con l’attualità, forse…

 Fatto sta che le domande si pongono: Sto trascurando mio figlio o mia figlia? Sono ansiosa? Sono un padre assente? Giudicante?

 Quello che faccio con il mio bambino, va bene? A volte solo la sola domanda fa tremare i muri, e la problematica merita più che una riflessione.  

 I modelli genitoriali hanno subito una rapida rivoluzione. Siamo passati dalla famiglia normativa alla famiglia affettiva. Siamo lontani anni luce dall’immaginario del buon padre di famiglia, che definisce gli aspetti normativi del microcosmo famiglia e si incarica per lo più del suo sostentamento materiale e della moglie e madre devota, che occupa il suo tempo a crescere i figli in un clima di serenità e premura. Va da sé che nell’incontro con la realtà poi queste figure archetipiche mostrassero tutte le loro ombre (ce lo ha detto bene Kafka con la sua lettera al padre e la psicoanalisi ce lo ha anche interpretato): tuttavia erano quelle.  

Consiglio la lettura dell’ultimo libro di Aldo Cazzullo “Giuro che non avrò più fame”, in cui viene descritta la società italiana nel 1948 dopo la seconda guerra mondiale, nel periodo della ricostruzione o Ricostruzione con la R maiuscola come suggerisce l’autore.

Abbiamo creato un nuovo modello, la famiglia del Mulino Bianco, a cui aspiriamo e rimaniamo delusi quando questa non si ripropone nel nostro tinello casalingo!

Ahimé o, per fortuna, non è un modello perseguibile, ce lo possiamo porre come indicazione, ovvero tentare di alzarci un po’ prima la mattina e riuscire a scambiare insieme due parole prima di uscire di casa ed affrontare la giornata. Questo, secondo me è fattibile, e se non ci si riesce tutti i giorni, pazienza, cercheremo un altro momento.