Elogio della timidezza 2

L’imbarazzo nasce dalla consapevolezza di se stessi e del proprio mondo interno ed esterno, dal fatto che si diventa il fuoco dell’attenzione degli altri o anche di se stessi

Le persone timide prestano molta attenzione a se stesse perché non riescono a farne a meno, vorrebbero fare a meno di questa autoconsapevolezza.

Alle persone timide non piace che gli altri prestino loro attenzione.

La vergogna è per certi versi simile all’imbarazzo ma al contempo più complessa perché noi ci vergogniamo solo quando pensiamo di aver fatto qualcosa di sbagliato e di aver fallito qualche nostro standard interiore. Comporta una valenza cognitiva, valutativa.

Occorre altresì distinguere la vergogna dal senso di colpa.

Quando ci vergogniamo di noi stessi, noi, in realtà, decidiamo che siamo individui di basso valore e che non siamo degni d’amore. Questo sentimento è molto doloroso e noi cerchiamo in tutti i modi di non viverlo.

Nella vergogna noi siamo coinvolti completamente mentre nel senso di colpa è coinvolto solo un elemento.

Nella vergogna ci detestiamo totalmente.

Nel senso di colpa non ci piacciamo molto ma abbiamo la speranza di migliorare.

Conclude così G. Axia:” E’ ora che la timidezza diventi famosa, sia conosciuta e apprezzata perché porta contributi essenziali alla nostra comprensione della vita e delle relazioni umane.

(…) Una società che non ha posto per i timidi è una società che ha perso la dimensione della realtà concreta degli esseri umani, una società che ha perso il senso del limite, il senso del pericolo, ha dimenticato la coscienza della morte e dell’estinzione – tutte cose che non spariscono solo perché noi non vogliamo vederle.

Una società dove si pensa che l’unica cosa importante sia l’affermazione individuale dimentica il nostro limite biologico più importante. Noi siamo animali sociali e senza gli altri moriamo, fisicamente o psicologicamente (diventiamo disumani).

(…) Una società in cui si pensa che le persone siano intercambiabili e che le nuove relazioni possano sostituire facilmente le vecchie relazioni dimentica un altro nostro limite biologico fondamentale. Noi possiamo sì costruire legami affettivi sempre nuovi e possiamo sciogliere quelli che già abbiamo, ma la nostra costituzione biopsichica ci rende questi processi assolutamente dispendiosi.

(…) La timidezza è tenera e graziosa e si fa notare poco, ma va presa sul serio perché è anche profondamente saggia. E’ un grande errore metterla da parte, non ascoltarla. Tutti siamo timidi, almeno qualche volta. E’ un grande errore non considerare la nostra stessa timidezza e sforzarci di essere diversi da quelli che siamo. La timidezza segnala sempre i nostri limiti, anche quelli delle persone più coraggiose”.

Fonte

Axia, G., La timidezza. Una dote assolutamente preziosa nel patrimonio genetico umano, Bologna, Il Mulino, 1999