Amore o possesso?

Sembra ci sia parecchia confusione nel sentire amore, lo so è una parola sulla bocca di tutti oggigiorno, ci impegniamo a definirlo, a distinguerlo dal possesso, dal senso di proprietà e pertanto è fittizio, falso.

Le parole stesse inducono il falso, si dice “E’ la MIA ragazza/fidanzata/amante/moglie” e viceversa “E’ il MIO ragazzo/fidanzato/amante/marito”.

Forse ci si esprime con queste parole per rivivere la fusione del rapporto di quando eravamo piccoli con la propria madre.

E’ la nostalgia, forse, piace l’idea di avere a contratto indeterminato una persona accanto che ci ami, ci voglia bene e ci sostenga incondizionatamente.

Una coppia non garantisce nulla di tutto ciò, è auspicabile che ci sia amore, sostegno e impegno a stare insieme ma non ci sono garanzie, le relazioni finiscono o possono finire e questo va accettato.

Leggiamo e sentiamo di femminicidi, di come alcuni uomini sono ben lontani dal rispettare la propria compagna, dal soffrire e dall’elaborare una separazione.

Capisco la rabbia, la delusione, il senso di fallimento ma tutto ciò va compreso ed accettato seppure sia doloroso e seppure non sia comprensibile e se certuni maschi non ci riescono, è bene che chiedano aiuto, amicale o professionale ma è importante che parlino con qualcuno.

Nessuno appartiene a nessuno se non a sé stesso, potrà suonare come una frase retorica ma penso sia autentica. Potrà far sentire la solitudine in forma più acuta ma afferma l’essere come persona libera di amare e di poter dirigere altrove il proprio amore se non corrisposto.

Concludo con una lunga citazione di Michela Murgia a proposito del femminismo :

“(…) il femminismo non esiste come fenomeno omogeneo: ci sono invece i femminismi. Partendo dalla premessa elementare che le donne sono persone, la lotta per la loro emancipazione in questi anni si è declinata in uno spettro di modalità d’azione così ampio che spesso le sfumature che contiene finiscono per stridere tra di loro. Femminismo è pensare che le donne siano uguali agli uomini e che debbano godere della stessa dignità, ma è anche credere che siano diverse al punto che quella dignità appartenga proprio alla loro differenza. Si è femministe se si professa l’utilità del separatismo, convinte che lo sguardo maschile sul percorso femminile sia deformante al punto da modificarne la traiettoria. Ma non si è meno femministe se si crede che possano esistere abbastanza uomini femministi da poterci fare insieme il pezzo di strada che ancora manca alla piena emancipazione dai ruoli di genere. Si è femministe se ci si ribella alla condizione generativa come destino, ma si è altrettanto femministe se quella generatività la si rivendica come fondativa e la si vive come modalità specifica di stare al mondo, a prescindere dal fatto che i figli li si faccia o meno.”

Michela Murgia, L’inferno è una buona memoria, Venezia, Edizioni Marsilio, 2018.